“Il vigente art. 182, comma secondo, cod. proc. civ., non consente di “sanare” l’inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite” (Cass. Civ. Sez. Un. 37434/2022)
L’art. 182 c.p.c. (come riformulato ad opera della l. n. 69/2009), rubricato «Difetto di rappresentanza o di autorizzazione», al primo comma dispone che «Il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità della costituzione delle parti e, quando occorre, le invita a completare o mettere in regola gli atti e documenti che riconosce difettosi»; al secondo comma stabilisce che: «Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione».
Il testo previgente del secondo comma dell’articolo in esame, stabiliva che «Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, il giudice può assegnare alle parti un termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, salvo che si sia avverata una decadenza».
Il nuovo testo dell’art. 182 c.p.c., rispetto alla formulazione previgente, presenta quindi le seguenti novità: è stata resa doverosa l’assegnazione del termine per regolarizzare il vizio della procura alle liti; è stata eliminata la preclusione derivante dalla maturata decadenza; è stata assicurata la salvezza dei diritti con effetto retroattivo sin dal momento della prima notificazione; è stato esteso il rimedio anche alle ipotesi di vizio riguardante la procura alle liti.
In merito a quest’ultimo profilo (sanatoria dei vizi propri della procura ad litem), si è posto un problema applicativo circa l’esatta individuazione della tipologia di vizi della procura ad litem (mera irregolarità – nullità – inesistenza) suscettibili di essere sanati ai sensi dell’art. 182, II comma, c.p.c.
La Seconda Sezione Civile, ritenendo la questione della massima importanza, registrando un contrasto giurisprudenziale sul punto, con l’ordinanza interlocutoria n. 4932/2022 ha sottoposto alle Sezioni Unite il seguente quesito: «Se, ai sensi del secondo comma dell’articolo 182 c.p.c., come novellato dalla legge. n. 69 del 2009, il giudice debba assegnare un termine per il rilascio della procura ad litem o per la rinnovazione della stessa solo nel caso in cui la procura rilasciata al difensore di una parte sia materialmente presente in atti ma, tuttavia, risulti affetta da un vizio che ne determini la nullità, o anche nel caso in cui un avvocato abbia agito in rappresentanza di una parte senza che in atti esista alcuna procura da quest’ultima rilasciata in suo favore».
Secondo il primo e più estensivo orientamento l’art. 182 c.p.c. impone al giudice, anche in grado d’appello, l’assegnazione del termine per la sanatoria della procura alle liti, non solo nel caso di procura alle liti affetta da vizi che ne procurino la nullità, ma anche nell’ipotesi di procura inesistente o, comunque, non in atti, invitando la parte alla regolarizzazione. Per sostenere tale lettura estensiva della norma, viene valorizzato sia il dato letterale (la norma prevede infatti che la sanatoria del vizio della procura possa avvenire sia mediante la “rinnovazione” sia mediante il “rilascio” della procura, così restando priva di rilievo la distinzione tra inesistenza e nullità) sia l’esigenza di ridurre la visione formalistica del processo e la proliferazione delle cause.
Il secondo e più restrittivo orientamento, invece, nega che la parte possa ovviare, con effetto sanante “ex tunc”, alla mancanza di procura alle liti o, comunque, alla sua assenza in atti. Anche questo secondo orientamento valorizza il tenore letterale della disposizione, ma in senso opposto al primo. La norma prevede infatti quale vizio suscettibile di sanatoria solo il vizio determinante la nullità della procura al difensore, circostanza che implica e depone in maniera univoca per la necessaria e previa esistenza in atti della procura stessa.
Con la pronuncia n. 37434/2022 le Sezioni Unite Civili intervengono a risolvere il contrasto giurisprudenziale sopra richiamato, aderendo all’orientamento più restrittivo che esclude la possibilità di ricorrere alla sanatoria di cui all’art. 182 c.p.c. nell’ipotesi di procura inesistente (perché mai rilasciata o rilasciata ma non versata in atti).
A tale conclusione le Sezioni Unite pervengono valorizzando:
il dato letterale: il testo dell’art. 182 c.p.c. suffraga l’idea che il legislatore non abbia inteso contemplare l’ipotesi dell’inesistenza ma solo l’ipotesi della procura affetta da nullità; la norma prevede infatti che «Quando rileva …. un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio …..». La categoria del vizio inficiante la procura è, per espressa e testuale disposizione, quella della nullità. Nullità emendabile attraverso la rinnovazione (evidentemente eliminando il vizio da cui era affetta), oppure, a discrezione della parte, mediante il rilascio di una nuova procura. Quest’ultima opzione non contempla affatto che una procura possa non essere esistita, ma, ben diversamente, che la parte possa sanare il vizio, implicante nullità, mediante un nuovo rilascio. La previsione del “rilascio di una nuova procura” non può dunque costituire argomento per legittimare una estensione della sanatoria anche all’ipotesi (non prevista dal legislatore) di inesistenza della procura.
il dato sistematico: l’estensione della previsione dell’art. 182 c.p.c. anche all’ipotesi dell’inesistenza della procura, non enunciata espressamente dalla legge, si porrebbe in irrisolvibile contrasto con gli artt. 82, 83, 125, co. 2, 165, 166 e 168 cod. proc. civ. e 72 delle disp. att. e trans.; il disegno del codice di rito civile che si ricava dalla lettura delle norme sopra richiamate, prevede infatti quale regola generale inderogabile – salvo casi limitati ed eccezionali – che la parte stia in giudizio con il ministero di un avvocato, al quale abbia previamente rilasciato la procura alle liti nelle forme e modi di legge. Tutta l’attività regolata dal processo è affidata in via esclusiva all’avvocato che, attraverso la procura (previamente rilasciata) ha assunto il ministero difensivo.
Tale principio (previsto e regolato da norme pubblicistiche non derogabili), ove si aderisse all’interpretazione più estensiva dell’art. 182 c.p.c. resterebbe radicalmente frustrato, per la semplice ragione che la parte priva di ministero difensivo si vedrebbe riconosciuta il diritto processuale all’assegnazione di un termine per nominare il difensore e, a nomina avvenuta, l’effetto “ex tunc” sancirebbe la piena validità degli atti fino a quel momento compiuti personalmente, come se fosse stata difesa da un avvocato, regolarmente munito di procura.
In conclusione, le Sezioni Unite enunciano il seguente principio di diritto: «Il vigente art. 182, comma secondo, cod. proc. civ., non consente di “sanare” l’inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite».