INTERESSI MORATORI DOVUTI DOPO LA PROPOSIZIONE DELLA DOMANDA GIUDIZIALE EX ART. 1284, 4 COMMA, C.C. IL RINVIO PREGIUDIZIALE ALLA CORTE DI CASSAZIONE PER L’ESATTA DEFINIZIONE DELL’AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA NORMA

Il Tribunale di Parma con ordinanza del 3 agosto 2023 ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Suprema Corte, ex art. 363-bis c.p.c. – poi dichiarato ammissibile dalla Prima Presidente con provvedimento del 18 settembre 2023 – richiedendo alla Corte di pronunciarsi in merito all’esatta definizione dell’ambito di applicazione della norma racchiusa nell’art. 1284, 4° co. c.c. (“Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”), evidenziando contrasti interpretativi in relazione a due diversi profili:

A) il primo, relativo al rapporto tra l’art. 1284, 4 comma, c.c. e i crediti di lavoro ovvero tra la norma citata e la disciplina speciale contenuta nell’art. 429, 3° co. c.p.c.;

B) il secondo, relativo alla riferibilità, o meno, dell’art. 1284, 4 comma, c.c., alle sole obbligazioni pecuniarie fondate su un titolo contrattuale.

In relazione al primo profilo del problema interpretativo posto all’attenzione della Suprema Corte, l’ordinanza di rinvio pregiudiziale ricostruisce puntualmente i termini del dibattito e del contrasto determinatosi presso la giurisprudenza di merito.

Secondo un primo orientamento, sulla premessa che per i “crediti di lavoro….vige una specifica disciplina di favore e di fonte legale, quella prevista dall’art. 429, comma 3, c.p.c. in cui, oltre al tasso di interesse legale, è previsto il risarcimento del maggior danno da svalutazione”, la predetta “disciplina di favore per i crediti di lavoro non appare cumulabile con la disposizione contenuta nell’art 1284, comma 4, c.c., la quale presuppone che gli interessi moratori non siano stati determinati in misura convenzionale e, per scongiurare inutili controversie, innalza il saggio di interesse, nelle more del giudizio, mutuandolo da quello previsto per le transazioni commerciali” (cfr. Trib. Napoli, 24 maggio 2022 n. 3033; Trib. Ascoli Piceno, 6 maggio 2022, n. 88).

Secondo un diverso orientamento, il rinvio (implicitamente) integrale da parte dell’art. 429, 3° co. c.p.c. all’art. 1284 c.c., oltre che la ratio della norma racchiusa nel 4° co. di questa disposizione – scoraggiare le condotte delle parti che resistano in giudizio, in chiave dilatoria, a pretese creditorie fondate – imporrebbero invece l’applicazione della regola contenuta nel codice civile anche ai rapporti di lavoro.

Questo esito ermeneutico sarebbe rafforzato dalla constatazione che, diversamente, quell’area di rapporti, per i quali il legislatore aveva voluto ricostruire una disciplina differenziata, e più favorevole, rispetto alla generalità dei rapporti obbligatori, si troverebbe assoggettata ad una regolamentazione più sfavorevole, sul punto della misura degli interessi che maturano a carico della parte convenuta dal momento della proposizione della domanda.

Accanto a questo dubbio interpretativo, riferibile specificamente alla materia giuslavoristica, l’ordinanza di rinvio pregiudiziale segnala, nella sua parte finale, l’esistenza di un’altra questione ermeneutica, relativa all’ambito oggettivo di operatività del tasso “maggiorato” di interessi legali, introdotto dal 4° comma dell’art. 1284 c.c.

Infatti, si è delineato innanzi tutto un orientamento, accreditato da Cass. n. 28409/2018, che valorizzando la formulazione letterale della disposizione ha ritenuto che la disciplina ivi prevista possa trovare applicazione solo con riguardo alle obbligazioni pecuniarie di matrice contrattuale.

Secondo questa pronuncia, il tasso “maggiorato” ex art. 1284, comma 4, c.c. non può essere applicato a quelle obbligazioni per cui non è certo ipotizzabile, neppure in via astratta, un accordo delle parti sulla determinazione del saggio da applicare (in particolare: “Il saggio d’interesse previsto dall’art. 1284, comma 4, c.c. si applica esclusivamente in caso di inadempimento di obbligazioni di fonte contrattuale, dal momento che, qualora tali obbligazioni derivino, invece, da fatto illecito o dalla legge, non è ipotizzabile nemmeno in astratto un accordo delle parti nella determinazione del saggio, accordo la cui mancanza costituisce presupposto indefettibile di operatività della disposizione”).

Ad avviso di questa decisione, il criterio letterale è determinante ai fini della corretta interpretazione della portata applicativa della disposizione (“L’elemento testuale di assoluta rilevanza ai fini della corretta interpretazione della portata applicativa della norma de qua risulta essere l’incipit della proposizione di cui all’art. 1284 c.c., comma 4, – “Se le parti non ne hanno determinato la misura…” si applica il saggio d’interesse proprio per le transazioni commerciali”).

L’incipit della disposizione ha dunque la funzione di delimitare “l’ambito di applicabilità della norma correlandola ad un ben determinato tipo di obbligazioni pecuniarie ossia quelle che trovano la loro fonte genetica nel contratto. Va, anzitutto, notato come la locuzione utilizzata dal Legislatore sia omologa a quella presente nell’art. 1284 c.c., comma 2, afferente al computo del saggio degli interessi convenzionali, bensì pattuiti in astratto dalle parti ma non determinati in concreto nel loro tasso di computo. Quindi va rilevato come la struttura letterale della norma lumeggia che la proposizione iniziale dianzi ritrascritta, proprio per la sua collocazione nella frase, regge la successiva disposizione circa il saggio d’interesse applicabile in conseguenza all’avvio della lite, lumeggiando il diretto collegamento tra la possibilità delle parti di aver previamente pattuito il saggio degli interessi e l’obbligazione fatta valere nella lite giudiziaria od arbitrale, situazione connaturata esclusivamente, nell’ambito delle fonti delle obbligazioni ex art. 1173 c.c., all’ipotesi dell’accordo contrattuale”.

In questo quadro, nel ricostruire i limiti di applicabilità della norma in esame, la Corte di cassazione con la sentenza n. 28409/2018, già citata, dopo aver precisato che gli interessi di cui all’art. 1284 c.c., comma 4, sono “dovuti automaticamente senza necessità di apposita precisazione del loro saggio in sentenza – applicato a seguito d’avvio di lite sia giudiziale che arbitrale però in correlazione ad obbligazione pecuniaria che trova la sua fonte in un contratto stipulato tra le parti, anche se afferenti ad obbligo restitutorio” ha chiarito che “in relazione alle obbligazioni pecuniarie derivanti dalle altre fonti indicate in art. 1173 c.c., detta disciplina non risulta applicabile poiché nemmeno in astratto è possibile ipotizzare un previo accordo tra le parti interessate circa il saggio d’interesse o le conseguenze dell’inadempimento. Così nell’atto illecito e nelle obbligazioni derivanti da disposizione di legge – caso esaminato in questo procedimento – per la loro stessa struttura fattuale non è ipotizzabile il previo accordo tra le parti al fine di disciplinare le conseguenze di un fatto genetico dell’obbligazione del quale nemmeno è ipotizzato od ipotizzabile il suo verificarsi da parte di entrambi i soggetti interessati”; ed ha affermato dunque, il principio di diritto secondo il quale “il saggio d’interesse legale stabilito nella disposizione normativa presente nell’art. 1284 c.c., comma 4, trova applicazione esclusivamente quando la lite giudiziale ovvero arbitrale ha ad oggetto l’inadempimento di un accordo contrattuale anche in relazione alle relative obbligazioni restitutorie”.

Questo indirizzo, come ricorda l’ordinanza di rinvio pregiudiziale, è stato seguito da altra pronuncia della Suprema Corte (Cass. n. 14512/2022).

Dal canto suo, l’ordinanza del 3 gennaio 2023, n. 61 ha ritenuto senz’altro di discostarsi dall’impostazione dell’orientamento appena menzionato, dichiarando di non condividere “l’osservazione per cui l’incipit della disposizione di cui all’art. 1284 c.c., comma 4, avrebbe ‘la funzione di delimitazione dell’ambito di applicabilità della norma correlandola ad un ben determinato tipo di obbligazioni pecuniarie ossia quelle che trovano la loro fonte genetica nel contratto” in quanto essa “’apparirebbe altrimenti inutile ripetizione della compiuta disciplina in tema di danni da inadempimento nelle obbligazioni pecuniarie portata nell’art. 1224 c.c., che opera richiamo all’uopo agli interessi legali ed espressamente prevede il rispetto del saggio d’interesse superiore a quello legale pattuito dalle parti”.

Rileverebbe, infatti, ad avviso di questo secondo orientamento, ed al fine di individuare la portata della disposizione, innanzi tutto la ratio sottesa all’art. 1284, 4° co. c.c., “introdotto al fine di contenere gli effetti negativi della durata dei processi civili, riducendo il vantaggio, per il debitore convenuto in giudizio, derivante dalla lunga durata del processo, attraverso la previsione di un tasso di interesse più elevato di quello ordinario, dal momento della pendenza della lite”.

Nello stesso senso, deporrebbero, poi, “sia la circostanza che si tratta di una disposizione inserita nell’art. 1284, intitolato ‘saggio degli interessi’, cioè nell’articolo del codice civile che disciplina in linea generale, per tutte le obbligazioni, il tasso legale degli interessi, sia il rilievo che tale articolo non contiene alcuna espressa limitazione di applicabilità delle sue disposizioni a solo alcune categorie di obbligazioni”.

Pertanto, la clausola di salvezza contenuta nell’art. 1284, 4° co. non avrebbe la funzione di delimitare l’ambito di applicazione della norma, ma solo quella di evidenziarne il carattere non inderogabile.

Pertanto, in tal senso è la conclusione di Cass. ord. n. 61/2023, pur essendo “sempre possibile ricavare, in via interpretativa o sistematica, limiti normativi all’applicabilità dell’art. 1284 c.c., comma 4, in relazione a determinate e specifiche tipologie di obbligazioni, sulla base della speciale natura o delle particolari caratteristiche di dette obbligazioni, come del resto sembrerebbe emergere dai precedenti di legittimità più sopra richiamati [tra cui vi è anche Cass. n. 28409/2018], in cui è ripetuto il riferimento alla speciale natura dell’obbligazione indennitaria a carico dello Stato per l’eccessiva durata del processo: questa Corte non ritiene, però, che sia possibile affermare, in generale, che l’art. 1284 c.c., comma 4, abbia di per sé un campo di applicazione limitato alle sole obbligazioni nascenti da rapporti negoziali”.

Non resta che attendere le risposte che la Suprema Corte vorrà dare al fine di sciogliere i due dubbi interpretativi sopra indicati.

Risposte che tutti gli operatori del diritto attendono con estremo interesse, essendo evidente l’importanza sia di sistema che macroeconomica delle questioni poste, nonché le numerose rilevanti implicazioni e i risvolti pratico applicativi che inevitabilmente scaturiranno dalle specifiche soluzioni interpretative che saranno adottate.