IL RISARCIMENTO DEL DANNO NON PATRIMONIALE: LA CASSAZIONE CONFERMA L’ASSETTO RISARCITORIO ELABORATO NEL MARZO 2018

Con due recenti pronunce (Cass. 25164/2020 – Cass. 24473/2020) la Cassazione è tornata ad occuparsi del tema quanto mai attuale del risarcimento del danno non patrimoniale, ribadendo i principi espressi nella sentenza decalogo dell’anno 2018 (Cass. 7513/2018) e fornendo importanti puntualizzazioni in materia di voci di danno risarcibili, onere della prova e criteri di liquidazione dei pregiudizi subiti.

DANNO NON PATRIMONIALE: VOCI DI DANNO RISARCIBILI

Cass. 24473/2020 conferma l’assetto risarcitorio delineato dalla Cassazione nel marzo 2018 nell’ormai nota “ordinanza decalogo” (n. 7513/2018) e ribadisce che la categoria del danno non patrimoniale è una categoria unitaria e omnicomprensiva che ricomprende tutti i pregiudizi non patrimoniali subiti dal soggetto a seguito della lesione di un interesse costituzionalmente protetto non suscettibile di valutazione economica, ascrivibili ai seguenti tre diversi ambiti cui corrispondono altrettante voci di danno:

  • danno biologico: danno alla salute (lesione integrità psico-fisica) avente fondamento medico-legale; la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo adottato dai Tribunali (con cui si monetizza il grado percentuale di invalidità permanente riconosciuto), include già il ristoro di tutte le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l’id quod plerumque accidit, ivi compresi i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali (include quindi il danno dinamico-relazionale base);
  • danno dinamico-relazionale: aspetto esteriore del danno, destinato ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto danneggiato; danno riconoscibile solo in presenza di conseguenze straordinarie e imprevedibili derivanti dalla lesione all’integrità psicofisica, da liquidare mediante personalizzazione / aumento del danno biologico;
  • danno morale: aspetto interiore del danno, del tutto autonomo rispetto al danno biologico, con il quale ottengono ristoro tutti i pregiudizi subiti dal danneggiato nella sua sfera morale (stato d’animo di sofferenza) non suscettibili di accertamento medico-legale, che prescinde del tutto (pur potendole influenzare) dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato; il danno morale è quindi una voce di danno autonoma rispetto al danno biologico, non conglobabile in quest’ultimo, perciò meritevole di un compenso a sé stante al di là della personalizzazione prevista per gli aspetti dinamico-relazionali compromessi.

DANNO NON PATRIMONIALE: PROVA DEL PREGIUDIZIO SUBITO

Il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali passa attraverso un preciso onere di allegazione e di prova che fa capo al soggetto che agisce in giudizio al fine di ottenere il risarcimento di tutti i pregiudizi subiti a causa dell’evento lesivo subito. Cass. 25164/2020 si sofferma sul tema della prova del danno non patrimoniale, con particolare riferimento alla prova del danno morale.

Volendo seguire lo schema sopra delineato nella descrizione delle singole voci di danno che compongono la categoria unitaria del danno non patrimoniale, possiamo riassumere i principi in tema di prova del danno non patrimoniale evidenziando quanto segue:

  • danno biologico: in quanto danno alla salute (lesione integrità psico-fisica) avente fondamento medico-legale, il danno biologico per essere accertato nella sua esistenza e apprezzato nelle sue conseguenze lesive, richiede normalmente l’ausilio di un medico legale; la prova del danno biologico, debitamente allegato dalla parte danneggiata, viene quindi normalmente acquisita nell’ambito del giudizio mediante un accertamento medico legale oggetto di apposita consulenza tecnica d’ufficio espletata in corso di causa;
  • danno dinamico-relazionale: il soggetto danneggiato deve allegare e provare (con ogni mezzo di prova) le conseguenze straordinarie e imprevedibili derivanti dalla lesione all’integrità psicofisica che giustificano la richiesta di liquidazione di un importo aggiuntivo rispetto alla misura standard del risarcimento già riconosciuto mediante la monetizzazione del grado percentuale di invalidità permanente già riconosciuto;
  • danno morale: escluso ogni automatismo risarcitorio, non potendosi in alcun modo parlare né di un danno presunto né di un danno in re ipsa; tale tipologia di danno va allegata e provata, potendosi a tal fine utilizzare tutti i necessari mezzi di prova, compresi il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni; Cass. 25164/2020 evidenzia al riguardo come in tale ambito la prova presuntiva sia destinata ad assumere particolare rilievo e può costituire anche l’unica fonte di convincimento del giudice, pur essendo onere del danneggiato l’allegazione di tutti gli elementi che, nella concreta fattispecie, siano idonei a fornire la serie concatenata dei fatti noti, onde consentire di risalire al fatto ignoto; al riguardo Cass. 25164/2020 precisa che nell’ambito del ragionamento probatorio di tipo presuntivo fondato su massime di esperienza, un attendibile criterio logico-presuntivo funzionale all’accertamento del danno morale è quello della corrispondenza, su di una base di proporzionalità diretta, della gravità della lesione rispetto all’insorgere di una sofferenza soggettiva, nel senso che tanto più grave risulti la lesione della salute, tanto più il ragionamento inferenziale consente di presumere l’esistenza di un correlato danno morale inteso quale sofferenza interiore morfologicamente diversa dall’aspetto dinamico-relazionale conseguente alla lesione stessa.

DANNO NON PATRIMONIALE: CRITERI DI LIQUIDAZIONE (Cass. 25164/2020)

In attesa dell’approvazione della tabelle ministeriali previste dalla l. 124/2017, la Suprema Corte fornisce precise indicazioni sulle modalità con cui si deve procedere alla liquidazione del danno non patrimoniale, soprattutto per quanto concerne la modalità di computo del danno morale all’interno del maccanismo tabellare in uso presso la maggior parte degli uffici giudiziari di merito (tabelle di Milano).

Per quanto concerne la liquidazione del danno non patrimoniale alla salute, Cass. 25164/2020 precisa che il giudice di merito deve attenersi ai seguenti criteri:

  • deve accertare l’esistenza, nel singolo caso, di un eventuale concorso del danno biologico (dinamico-relazionale) e del danno morale;
  • nel caso di positivo accertamento della ricorrenza di quest’ultimo, deve determinare il quantum risarcitorio facendo applicazione integrale delle tabelle di Milano, che prevedono la liquidazione di entrambe le voci di danno pervenendo all’indicazione di un valore monetario complessivo;
  • in caso di negativo accertamento e di conseguente esclusione della componente morale del danno, deve considerare la sola voce del danno biologico prevista dalle tabelle di Milano, depurata dall’aumento tabellarmente previsto per il danno morale secondo le percentuali ivi indicate, liquidando conseguentemente il solo danno biologico (dinamico-relazionale);
  • in caso di positivo accertamento dei presupposti per la personalizzazione del danno, procedere all’aumento fino al trenta per cento del valore del solo danno biologico, depurato della componente morale del danno automaticamente (ma erroneamente) inserita in tabella, giusta il disposto normativo di cui all’art. 138, 3° comma, cod. assicurazioni private.