IL RAPPORTO TRA IL RICORSO PER ACCERTAMENTO TECNICO PREVENTIVO E IL GIUDIZIO DI MERITO NELLE CAUSE DI RESPONSABILITA’ SANITARIA

la perentorietà del termine di 90 giorni (dal decorso dei sei mesi dal deposito del ricorso ex art. 8 L. 24/2017 e 696 bis c.p.c.) per il deposito del ricorso ex art. 702 bis c.p.c. per l’introduzione del giudizio di merito, va intesa nel senso che il rispetto del termine sia funzionale esclusivamente a preservare tali effetti sostanziali e processuali della domanda introdotta con il ricorso per ATP e non alla procedibilità della domanda di merito (Tribunale Civile di Roma, sezione XIII, ordinanza del 29 settembre 2021)

LA LEGGE GELLI: DAL TENTATIVO OBBLIGATORIO DI CONCILIAZIONE AL RICORSO EX ART. 702-BIS C.P.C.

L’art. 8 della legge 8 marzo 2017 n. 24 (c.d. legge Gelli) ha introdotto per tutte le cause di responsabilità sanitaria un tentativo obbligatorio di conciliazione, nelle forme della consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c. (ATP) o della mediazione, elevandolo a condizione di procedibilità della domanda giudiziale risarcitoria.

Nel caso in cui la parte abbia deciso di assolvere la condizione di procedibilità con il procedimento per ATP ex art. 696 bis c.p.c. (è questa l’ipotesi fisiologica prevista dalla legge Gelli), il successivo giudizio di merito andrà poi introdotto con ricorso ex art. 702 bis e svolto nelle forme del rito sommario di cognizione.

L’art. 8, comma 3, L. 24/2017 disciplina i rapporti tra la fase di ATP e il successivo giudizio di merito prevedendo che:  “Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile”.

La norma prevede dunque due termini: uno di sei mesi, qualificato espressamente come perentorio, che delimita temporalmente la durata massima della fase conciliativa, decorso il quale si considera in ogni caso verificata la condizione di procedibilità e quindi si può proporre la domanda giudiziale; un altro termine di novanta giorni, sulla cui natura il legislatore tace, che decorre dal deposito della relazione tecnica già svolta nella fase di ATP o in ogni caso dallo scadere del predetto termine semestrale, entro il quale va proposta la domanda giudiziale nelle forme del rito sommario di cognizione (domanda tempestiva).

I PROBLEMI INTERPRETATIVI POSTI DALL’ART. 8 DELLA LEGGE GELLI

L’art. 8 della legge 24/2017 ha sollevato alcuni problemi interpretativi riguardo:  

I)   la natura del termine di novanti giorni (che decorre dal deposito della relazione tecnica o comunque dalla scadenza del termine semestrale dal deposito del ricorso)  previsto dal comma 3 per introdurre il giudizio di merito;

II)  gli effetti derivanti dalla proposizione della domanda di merito oltre la scadenza del predetto termine di novanta giorni (domanda tardiva).

L’ORDINANZA DEL TRIBUNALE DI ROMA

Il Tribunale di Roma con l’ordinanza del 29 settembre 2021 prende posizione in merito ai due problemi interpretativi posti dall’art. 8, comma 3, L 24/17 sopra richiamati (natura termine novanta giorni – effetti domanda tardiva).

Secondo il Tribunale di Roma, il termine di novanta giorni per il deposito del ricorso ex art. 702 bis c.p.c. ai fini dell’introduzione del giudizio di merito è un termine perentorio, ma il rispetto del suddetto termine è funzionale esclusivamente a “far salvi gli effetti della domanda, quindi a preservare gli effetti sostanziali e processuali (interruzione termine prescrizionale, litispendenza, perpetuatio jurisdictionis, ecc.) della domanda introdotta con il ricorso per ATP, non alla procedibilità della domanda di merito.

Il Tribunale reputa infatti “non è condivisibile l’opinione di chi intravede nelle norme in esame una «doppia condizione di procedibilità» dovendosi interpretare restrittivamente i limiti posti dal legislatore all’esercizio del diritto di azione, garantito dall’art. 24 Cost. alla luce della finalità conciliativa della controversia che – una volta fallito il tentativo precontenzioso di conciliazione- non verrebbe in alcun modo garantita dalla sollecita proposizione del giudizio di merito”.

L’art. 8 Legge Gelli condiziona dunque la procedibilità della domanda risarcitoria unicamente al previo esperimento del procedimento ex art. 696 bis c.p.c. (ovvero alla mediazione laddove l’attore adotti tale opzione alternativa), non anche al rispetto del termine di novanta giorni previsto dal comma 3 per introdurre il giudizio di merito.

Nel caso in cui sia stato attivato il procedimento di accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c., la parte che voglia beneficiare della salvezza degli effetti sostanziali e processuali derivanti dal ricorso per ATP ha quindi l’onere – a prescindere dallo stato in cui si trova la consulenza – di promuovere il giudizio di merito (nelle forme del rito sommario) entro il termine di 90 giorni che decorre dalla scadenza del termine semestrale, anche nel caso in cui questa sia interessata a proseguire il procedimento ex art. 696-bis per conoscere l’esito della relazione e partecipare al tentativo di conciliazione.

Il giudizio di merito introdotto nelle forme del rito sommario di cognizione (art. 702 bis c.p.c.) dopo la scadenza del suddetto termine di novanta giorni, è quindi comunque procedibile, ma può produrre solo ex novo i suoi effetti sostanziali e processuali.